In "Dialoghi sullo Yoga", Eric Baret ci introduce allo yoga dello shivaismo tantrico kashmiro. Qui lo yoga diventa arte, arte della libertà, arte della gioia e del risveglio. Si tratta di ascoltare le nostre sensazioni e lasciare che il corpo si disperda nello spazio cosciente, riportandoci alla tranquillità della nostra natura più profonda. Attraverso la pratica della maieutica tradizionale, leggendo questo testo ci troviamo di fronte a conversazioni che portano alla risoluzione (delle domande) senza concettualizzazione. Impariamo quindi che lo yoga è, come anticipato, arte libera. Per questo, esso non porta a nulla di concreto, non è finalizzato ad un obiettivo pratico, ma ad ascoltare il nostro corpo e le nostre sensazioni. E così che, attraverso una fitta rete di domande e risposte articolate in 14 capitoli, arriviamo a capire che il corpo si trasforma naturalmente. Il cuore di questo yoga raccontato nel testo è proprio questo: all’inizio il corpo è oggettivo, poi naturalmente si de-oggettivizza per perdersi realmente nel corpo o nel silenzio. Emerge un altro punto di fondamentale importanza dalla lettura di questi Dialoghi: lo yoga è arte che nasce dalla risonanza.