"Li ho riletti, questi sei racconti, tutti d'un fiato. Con un unica preoccupazione: capire se e quanto sono invecchiati, se e quanto i cento e passa anni che ci separano da loro hanno lasciato traccia. Che sollievo. Nessuna traccia. E che rinnovata consonanza, che piacere, che felicità nella lettura. Cent'anni? Andiamo! Sono storie di oggi, aggiustate certe situazioni, che tutti viviamo in prima persona, che ci sentiamo raccontare, che osserviamo intorno a noi. Mogli, mariti, amanti, padri, madri, figli, figlie: siamo noi, niente è cambiato. Mi sono anche chiesto il perché di questa inesauribile modernità di Cechov. Forse una ragione me l'ha data Orhan Pamuk nel suo recente discorso per il Nobel: 'Un autore parla di cose che tutti sanno senza averne consapevolezza. Esplorare questo sapere e vederlo crescere dà al lettore il piacere di visitare un mondo al contempo familiare e miracoloso'. In fondo anche Gor'kij diceva la stessa cosa di Cechov: 'Non dice nulla di nuovo, ma ciò che dice è così convincente, semplice, chiaro, da far paura'." (dall'Introduzione di Fausto Malcovati)