Attraverso un linguaggio vivido, intenso, profondo, l'autrice non si limita a spiegare le Discipline Analogiche: le vive, le interroga, le mette in relazione con la propria storia, con i propri fantasmi, con le ferite che si sono fatte carne e che, finalmente, diventano verbo, possibilità di trasformazione. Nel suo sguardo, colto e mai cattedratico, appassionato e mai ingenuo, le radici dl pensiero analogico si intrecciano con l'antropologia, la filosofia, le neuroscienze e le arti. Ma il centro resta sempre l'essere umano: fragile, complesso, desiderante. E l'Analogista, in questa narrazione densa e ricca di rimandi, assume i tratti di un moderno sciamano, ma dotato di uno strumento unico nel suo genere - il sistema matematico benemegliano - che fa da bussola nell'esplorazione del reale emozionale.