INTRODUZIONE
Questa parte doveva essere svolta da Massimo Rosselli, come si può evincere dal carteggio epistolare e-mail allegato. Purtroppo, la sua improvvisa dipartita avvenuta la notte tra il S. Natale e il mattino di S. Stefano 2017 non ne ha consentito l’espletamento.
Al suo posto vengono riportate 3 testimonianze che ne evidenziano lo spessore umano e culturale…
DECLARATORIA DELLA PAGINA NON SCRITTA
Testimonianze in ricordo di
Massimo Rosselli
30 marzo1943 - 26 dicembre 2017
IL RICORDO DI UN AMICO
Siamo sconvolti e increduli. Siamo rimasti senza parole e senza respiro. Pochi giorni fa avevamo visto Massimo Rosselli sorridente sul grande schermo assieme a Irvin Yalom, un bellissimo regalo fatto a tutti noi. E adesso lui non c'è più.
Scrivendo da un paese lontano, dove sono trattenuto da delicati impegni familiari, sento il mio cuore vicino a Susie, a Matteo, a Elena. Penso allo sguardo affettuoso che Massimo aveva quando parlava di loro.
Per me Massimo da quarantotto anni era sempre lì: sapevo che c'era, che questa miniera di calore, di ricordi condivisi, di saperi, di intelligenza, di supporto, era presente e disponibile. Era una presenza che non poteva non esserci, tanto era garantita. Era come una quercia, forte e radicata attraverso il tempo. Ora la quercia è stata abbattuta da un fulmine. Forse il modo migliore di morire per chi se ne va, senza dubbio uno dei peggiori per chi resta.
Il ricordo va ai tanti momenti in cui la sua vita e la mia si sono intrecciate. Anzitutto le ore passate con la sua famiglia, che ho visto nascere e trasformarsi attraverso gli anni. Mi ricordo quando giocavo con i suoi bambini piccoli, la gioia e il divertimento di quei momenti indimenticabili. E anche: gli incontri con il nostro maestro Assagioli; le riunioni fra colleghi, in cui da lui arrivava spesso un intervento che chiariva e indicava la strada; il lavoro fatto per noi, come il riconoscimento ufficiale della nostra Scuola; la sua opera pionieristica di approfondimento della psicosomatica, per dare una degna dimora corporea allo spirito umano; le nostre collaborazioni all'estero; i nostri pranzi a tu per tu in una pizzeria di S. Domenico per discorrere del più e del meno.
Proprio in una di queste occasioni ci parlammo di quanto il nostro lavoro, la psicoterapia, è fatica. Lui mi descrisse una ricerca che, attraverso la lettura dell'attività cerebrale momento per momento, mostrava come la fatica del terapeuta durante il corso della seduta si svolge in parallelo alle fasi di maggiore sofferenza nel paziente. E in quel momento vidi in lui la lucida visione dello scienziato combinata con la compassione per la sofferenza umana. E capii ancora una volta che cos'era per Massimo il nostro lavoro: il lavoro instancabile di accompagnare, di capire, talvolta di scuotere, e di guarire.
Intendiamoci, Massimo, come tutti noi, aveva anche i suoi difetti. Quello che ci toccava di più, e per cui lo prendevamo a volte in giro, era la sua concezione, diciamo così, soggettiva del tempo. I suoi ritardi erano leggendari. Arrivava alle nostre riunioni con uno sguardo tranquillo, come se niente fosse: con un'ora di ritardo. E allora si doveva cominciare da capo. Eppure, quanto mi piacerebbe adesso, caro Massimo, vederti di nuovo arrivare in ritardo da quella porta, in ritardissimo magari, una, cento, mille volte ancora, con quella tua aria allegra e innocente. Ma ora quella porta si è chiusa per sempre.
Per chi di noi crede che dopo la morte c'è vita, ora Massimo, o ciò che di lui permane, si trova in cammino verso un destino che non conosciamo o che non ricordiamo. E qui penso a quando Massimo, sorridendo, aveva raccontato alcune esperienze del suo Sé profondo: sentito come uno spazio libero e luminoso, senza confini, affrancato dai vincoli e dalle strettoie che la vita ci impone.
E così voglio pensarlo in questo momento.
Sabato 30 dicembre 2017
Piero Ferrucci
Psicoterapeuta e filosofo, allièvo di R. Assagioli
UN RICORDO DI MASSIMO ROSSELLI
In questo piccolo spazio, ho il piacere di testimoniare il ricordo bellissimo che mi e ci unisce a Massimo Rosselli in relazione ai pochi, ma intensi scambi avvenuti tra me e lui, vissuti negli intervalli dei convegni, in qualche viaggio in treno dopo aver partecipato con immenso interesse ad alcuni suoi seminari. Trovàrmici seduto vicino, senza averlo deciso anticipatamente, mi faceva star bene; fin dal nostro primo incontro, colloquiare con lui mi dava la netta sensazione di parlare con un vecchio amico, a tal punto da considerarmi fortunato per tutto questo. Mi colpì sùbito e moltissimo la sua personalità.
Di lui ammiravo molto l’importanza e l’attenzione che dava alla persona alla quale si rivolgeva; pertanto, dopo qualche battuta iniziale sull’argomento di conversazione, il nostro dialogare diveniva uno scambio alla pari. La sua ‘presenza’ o, per usare le sue parole, “il suo esserci” mi trasmetteva immediatamente l’interesse rivolto da Massimo più all’uomo (in senso lato) che al suo ruolo o alla posizione sociale occupata; dimostrava di saper dialogare con l’essere umano in quanto tale, nella sua totalità e profondità.
Era molto piacevole conversare con lui, in quanto Uomo attento e curioso; sempre sorridente, mi poneva molte domande, ed io mi sentivo considerato. Quando gli parlavo della difficoltà di Mara nello svolgere l’Arteducativa psicosintetica in carcere, nel divulgarla all’esterno e dei nostri momenti di condivisione su qualche disappunto, per cui avremmo voluto “mollare tutto”, il suo ascolto e il suo sguardo diventavano maggiormente amorevoli. Ogni volta mi incoraggiava ad appoggiarla in quel Progetto, mettendo l’accento su quanto sia importante l’Arteducativa psicosintetica per le persone detenute; «io, la sosterrò sempre» mi diceva rincuorandomi. La conferma di quanto ho appena riferito trova riscontro nella sua introduzione al libro sull’esperienza dei percorsi di Arteducativa svolti in carcere da Mara.
Per il sostegno ricevuto l’ho sempre ringraziato e gli sarò riconoscente per il resto della mia vita.
Gli sono molto grato anche per essermi ritrovato testimone di alcuni incontri con Mara, in cui lei gli riferiva le sue personali intuizioni connesse ai ‘diritti dell’anima’ da lui, poi, elaborati, assimilati nel contesto dei suoi scritti e divulgati. Sempre attento e curioso Massimo l’ascoltava senza dare specifiche risposte. Lei non si scoraggiava, sapeva che solo lui poteva confermare o modificare in meglio la validità delle sue tesi. Pertanto, aspettava pazientemente il colloquio successivo. Ormai la scena dell’incontro la conoscevo bene e quando si ripeteva, incuriosito, attendevo speranzoso i frutti culturali del nuovo dialogo. Ogni volta Mara, titubante ma al contempo decisa, si avvicinava a Massimo e mostrava i suoi fogli illustrandogli i contenuti aggiornati. Lui la guardava e, sorridendo, le rispondeva amorevolmente come si comporta un vero Maestro nei confronti di un allievo/collega prediletto. Quando Massimo dopo una conferenza o una lezione la vedeva dirigersi verso di lui, quasi indovinando in lei la richiesta tàcita, iniziava a sorridere e, nel concederle la sua attenzione, la ‘invitava’ ad avvicinarsi, libera interiormente e senza soggezione; in estrema sintesi, dimostrava concretamente la vera ACCOGLIENZA.
Era bello vedere quell’intesa, sembrava un gioco attento, presente, amorevole…; in un’occasione sentii Massimo dire a Mara: «Ogni volta che ti incontro mi stuzzichi sempre con le tue intuizioni e mi metti ‘la pulce nell’orecchio’; andrà a finire che le dovrò considerare». Infatti, venne il gran giorno; al Convegno Internazionale di Psicosintesi del 2016 Mara, poco prima di tornare a casa, gli disse qualcosa, gli mostrò i suoi appunti e decise di lasciarglieli affinché li potesse ponderare con calma. Ricordo ancóra lo sguardo sbalordito di Massimo e l’espressione soddisfatta di Mara suscitati dal contenuto dello scritto da lui sbirciato con attenzione; le sue parole conclusive furono: «Quando rientrerò a casa dovrò riflettere su quello che mi hai detto e sugli appunti che mi hai lasciati».
Massimo per me e, sono certo, anche per Mara è stato una PRESENZA AMICA; così lo vogliamo ricordare, sentire… per sempre.
Venerdì 5 gennaio 2018
Claudio Scala
INCONTRO CON MASSIMO ROSSELLI
Nel pomeriggio del 26 dicembre u.s., mentre stavo lavorando alla recensione di questo Trattato, ho ricevuto la notizia della dipartita di Massimo Rosselli. Sorpresa, stupore, dispiacere, tristezza e altre emozioni similari mi hanno costretto a interrompere il lavoro in corso; il mio pensiero è andato sùbito all’ultimo incontro con il Maestro durante le giornate del XXVI Congresso Nazionale SIMP del 10-11 novembre scorso. Sapevo che Mara stava aspettando la sua Presentazione per il Trattato di Arteducativa e mi sono permesso di chiedergli notizie in corridoio, proprio appena ci siamo salutati, un po’ prima dell’inizio dei lavori congressuali. Lui, con il suo solito sorriso bonario mi chiese: “… ma tu l’hai letto?...” ed io non ho potuto nascondergli il ruolo prestigioso che l’Autrice mi aveva assegnato; allora Massimo mi incalzò di nuovo con una domanda precisa: “Cosa ne pensi?”; gli risposi: “Secondo me, non solo è valido e ha dignità di pubblicazione a stampa ma, credo, avrà notevole successo sia per alcuni concetti nuovi enunciati e sia per la scorrevolezza del linguaggio, accessibile ad un vasto pubblico”. Mi abbracciò con un secondo e più esplicito sorriso aggiungendo: “… rassicura Mara e dille che presto avrà la mia Presentazione…”.
Ho avuto la netta impressione che quel breve colloquio abbia rinforzato la nostra pluriennale amicizia e la nostra reciproca stima. Andai ad ascoltare con molto interesse motivazionale la sua Relazione in plenaria del sabato pomeriggio dal titolo: “Il Sé e i diritti dell’anima: sintesi e coscienza”, ma il ricordo più bello che intendo conservare perenne nella memoria è l’onore di aver visto Massimo Rosselli tra gli uditori, nel precedente venerdì pomeriggio, della mia lettura dal titolo “La volontà psicosomatica”; la mia comunicazione scientifica, insieme ad altre, era stata inserita dagli Organizzatori in una delle 5 sessioni parallele in svolgimento contemporaneo. Al termine, mi è venuto vicino, si è complimentato per la mia relazione e mi ha dato la mano con una stretta particolare, assai più eloquente delle parole accompagnate, per la circostanza, da un nuovo e più esplicito sorriso.
Rocco Cacciacarne