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Info
rilegatura: brossura
formato: 15 x 21 cm.
pagine: 586
ISBN: 978-88-6118-017-8
Editore: FioriGialli edizioni
Anno di pubblicazione: agosto 2019
Euro: 29.00
Notizie sull/autore
Mara Chinatti
Luce dei Maestri
Approfondimenti
Indice
Premessa
Introduzione

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PREMESSA
 
“Non c’è in un’intera vita cosa più importante da fare che chinarsi
 perché un altro, cingendoti il collo, possa elevarsi.”
 
Pintor 1991, scrittore e giornalista
 
Nel rileggere la frase di Pintor, a mio avviso, penso che il suo messaggio possa essere ben adatto ad una qualsiasi realtà oggettiva. Così la parola “altro” del pensiero sopra citato, la interpreto anche con riferimento ad un oggetto, ad una forma, ad un principio, ad uno stato d’animo e, meglio ancóra in questo contesto, a un disegno o a un simbolo grafico spontaneo psicosintetico, strumenti dell’Arteducativa.
Questo mio scritto e le elaborazioni in merito sono state svolte su ispirazione del Maestro Roberto Assagioli, e dei suoi lavori sulla Psicosintesi. Il mio intento è trasmettere l’importanza e la validità che riconosco alla rappresentazione espressiva, in genere eseguita con spontaneità e consequenzialità dall’essere umano in cammino verso la conoscenza. Essa si rivela strumento utile, da utilizzare assieme alla volontà buona e saggia quando, per scelta personale, l’individuo decide di impiegarlo per integrare nella propria personalità aspetti di sé o per risvegliare potenzialità proprie e qualità interiori.
Dare importanza alla rappresentazione espressiva può sembrare un’esagerazione, un pensiero “fuori dal comune”, insensato e via dicendo. Per me, invece, che da molti anni la uso, è diventata una “collaboratrice” e la considero una “compagna di viaggio” dalla quale ho appreso molte verità. In alcune circostanze è effettivamente un’amica intima e fidata che sa accogliere, ascoltare, informare, trasformare, rielaborare, sempre presente e disponibile per un incontro. Inoltre sa manifestare qualità relazionali e trasformative, operando con una certa apertura percettiva: un’amica speciale come per qualcun’altro lo è un libro, un brano musicale, un oggetto, un luogo.
È una via al Sé che può facilitare un’apertura dell’anima al transpersonale, un percorso attraverso il quale l’individuo può trascendere la propria situazione momentanea e contattare più profondamente sé stesso, gli altri e la Divinità.
- Un sentiero particolare che comprende in sé due grandi vie che convergono in una sola mèta: forma e colore.
- Un cammino singolare sul quale due movimenti si altérnano per raggiungere la stessa mèta: interiorità ed esteriorità
- Un percorso originale avente due direzioni opposte e complementari, entrambe conducenti alla stessa méta: la risposta attesa.
- Formulare una domanda ed eseguire una rappresentazione espressiva corrispondente, libera e spontanea; vedere/ascoltare quale domanda o situazione irrisolta suggerisce.
Più la domanda è precisa, più esplicita sarà la risposta; l’individuo inizia il proprio percorso portando l’attenzione verso di sé, alla personale interiorità, tramite la domanda o la situazione formulata. Nel contempo, l’attenzione è rivolta anche verso l’esterno tramite la rappresentazione espressiva, la quale evoca ed invoca suggerimenti e/o informazioni. Nella mia esperienza lavorativa ho notato che, prevalentemente, le persone prediligono iniziare il percorso ponendosi una domanda ed in séguito proseguono con l’ascolto e l’osservazione della risposta ricevuta. Strada facendo interiorità ed esteriorità si altérnano e si integrano tra di loro contribuendo alla crescita interiore.   
Prima di iniziare è sempre bene prepararsi con qualche minuto di raccoglimento; una fase preparatoria che sollecita il Rispètto verso l’esperienza appena avviata. Alcune delle molte qualità da mettere in movimento quando, di fronte al proprio operato, l’individuo si accinge a conoscere delle parziali verità personali sulla propria storia sono: il discernimento, l’obiettività, la sincerità, la comprensione, l’attenzione, la valutazione, l’ascolto, la capacità di cogliere ed accogliere. Si tratta del Rispètto che, come precisa P. Ferrucci nel suo libro “La forza della gentilezza”,[1] è la capacità di saper vedere, saper ascoltare, (dal latino respicere – vedere) ciò che in noi possiamo migliorare.
In questo contesto, con la parola Rispètto intendo significare l’insieme di quegli atteggiamenti che l’individuo dovrebbe assumere mentre impara a leggere le immagini spontanee e psicosintetiche da lui stesso rappresentate. Intendo quel tipo di riguardo verso l’unicità e le particolarità di ciascuno, sulla cui importanza Assagioli pone l’accento. Quando l’individuo ha rispetto per quello che vede all’esterno di sé, per quello che sente nel suo mondo interiore, per ciò che fa, sappiamo che valorizza la moltitudine di aspetti e stati d’animo di cui è composta la sua personalità. In altre parole, nutre una buona autostima. Al contrario, la mancanza di rispètto e la svalutazione date al suo agire possono evidenziare la propria disistima e insicurezza.
Ritornando al messaggio di Pintor, è solo chinandoci che eleviamo l’altro. Allo stesso modo, chinandoci con rispetto all’immagine evocatrice ed invocativa interiore, miglioriamo in autostima e ne godiamo i benefici.
È bene ricordare sempre che tutte le rappresentazioni espressive spontanee sono il prodotto del proprio autore. Chi meglio di lui sa, del materiale che rappresenta, quanto e cosa interpretare, dove attingere, cosa accogliere, usare e trasformare? Quindi, è evidente che l’interpretazione da parte degli altri è sempre “fuori luogo”.
L’intento di questo lavoro è quello di imparare a contenere le emozioni e per farlo si ricorre all’uso della rappresentazione espressiva spontanea, consequenziale in vari modi poiché, come afferma Jung: “Ogni trasformazione delle immagini incide nettamente sui comportamenti” e queste si tramutano poi in azioni o personificazioni sul piano cosciente. Ricordo al lettore che le rappresentazioni espressive, le immagini si possono conseguire con la pasta da modellare, la mimica, la canzone e molto altro. In questo testo ci si riferisce prevalentemente al disegno spontaneo consequenziale e alla scrittura, tralasciando le altre modalità citate, per semplificare l’esposizione dei contenuti della prassi proposta, anche se nell’esperienza pratica si considerano e si utilizzano pure le altre.  
Nella prima parte del libro si considera la prassi: Arteducativa ad indirizzo psicosintetico, mentre la seconda è dedicata ai “diritti e doveri” dell’Anima, come ricerca di un equilibrio interiore. 
Alcune delle domande fondamentali che sottendono questo lavoro sono: che cosa è l’Arteducativa? a cosa serve? cosa possiamo apprendere? come si applica? Le risposte potrebbero essere riunificate nella necessità di stabilire un dialogo, un incontro tra noi e la nostra interiorità, intesa come essenza, qualità, potenzialità, progetto o Proposito del Sé-Anima. Per realizzarlo è bene intraprendere un percorso che, personalmente, avverto come una necessità imprescindibile nel nostro tempo, qualora si desideri superare le difficoltà, le sofferenze e raggiungere un benessere e una salute maggiore.
Così la prassi proposta espone un intervento ‘dolce’ per riequilibrare un modo di essere, definito carattere, e lo fa tramite l’educazione emotiva affettiva. Le emozioni negative non vengono eliminate, assecondate o represse, ma si cerca di equilibrarle al fine di manifestarle in modo proporzionato alla circostanza. Anziché considerarle dei disturbi le si considera come dei segnalatori. Se, le emozioni sono troppo tenui compaiono l’indifferenza e il distacco. Se sfuggono al controllo, diventano troppo estreme e persistenti, divenendo addirittura patologiche, come quelle di colui che a causa dell’intensità e della durata nel tempo ne è sopraffatto e la sua stabilità è minacciata. Quindi l’educazione delle emozioni, in questa prassi, è la chiave per aprire la porta dell’apprendimento; le sa contenere e gestire tramutandole in una ‘forma concreta’ come un comportamento mutato, un’azione, un oggetto.
Le mie deduzioni riguardo all’Arteducativa psicosintetica non derivano dalla preparazione ortodossa scolastica, quanto piuttosto da una personale capacità di penetrazione sviluppata prima lavorando su me stessa e poi, da oltre un ventennio, mediante l’educazione e la formazione personale ricevuta da diversi maestri psicosintetisti, spirituali.[2] Con alcuni di loro mi confronto tuttora sul mio operato. Anche attraverso l’esperienza lavorativa del Counselling, mediante il quale, proprio perché non si svolge terapia né rapporto psicologico, ho potuto sviluppare varie capacità in merito alla prassi.
La mia operatività non è un metodo imposto, ma una modalità relazionale, propositiva. Lo scopo della prassi non è quello di capire, che come verbo è collegato agli oggetti, ma di “comprendere” in quanto indica un prendere con sé, accogliere. Inoltre, cerca l’empatia (rispecchio emozionale) per passare dalla comprensione alla compassione (essere nel pathos – patire con) che, come asseriva Arthur Schopenhauer, è apertura del cuore verso altri esseri viventi. La compassione esprime una comprensione profonda dei sentimenti, uno “stare con l’altro” nei sentimenti. In essa l’intelligenza dell’intelletto lavora accanto all’intelligenza del cuore. Dalla loro unione nasce la fede che si professa in due vie espressive.
Una è quella del dogma, credo, verità indiscussa. L’altra è quella esperienziale, personale, scaturita dall’unione della conoscenza con l’amore creativo. È il supporto, per usare le parole di Massimo Rosselli “dell’accompagnamento condiviso attivo e rispettoso della persona in una fase difficile e delicata dell’esistenza”.[3] Quest’ultima via, secondo me, sta alla base della sublimazione da intendersi, metaforicamente parlando, come “frutto maturo e prelibato” della nostra libertà interiore, di essere, di pensare, di agire. È la capacità espressiva che mostra il proprio muoversi tra le “sfaccettature” del vivere.
Quando nella relazione (e mi riferisco principalmente a quella interiore), cuore e mente si alimentano vicendevolmente nell’unione, il rapporto tra responsabilità e libertà si realizza con efficacia. Si può scoprire la verità e la si riconosce poiché ha, sempre, connotati con l’universalità. Invece, l’intervento dell’immaginazione e della volontà, nella relazione diventa un valore aggiunto come sana e fondamentale collaborazione. Dato che l’immaginazione creativa utilizza il potere dinamico sulla fantasia, il suo utilizzo produce qualcosa che inizialmente non esisteva e poi sintetizza all’esterno ciò che è stato prima soltanto immaginato o visualizzato. Dato che ognuno di noi ha dentro di sé varie immagini impresse, e più esattamente una visione completa della propria personalità, che, oltre ad essere diverse per natura e origine, spesso sono in conflitto fra loro. La prassi proposta mira a sostituire una forma di pensiero, un’azione, un comportamento, un atteggiamento interiore con un’immagine rappresentativa di ciò che consapevolmente si vuole cambiare, per poi metterla in atto.
Questa modalità sviluppa, in colui che la svolge, chiarezza interiore che è la necessaria preparazione per creare “la forma” più atta a manifestare il proprio “colore” individuale, utile per trovare lo “stile di vita” corrispondente e attivare la personale vocazione interiore. Ma “Non appena date a un altro il potere di creare, avete trasferito su di lui un potere che appartiene di diritto a voi. Gli altri sono solo ombre che testimoniano quello che avviene dentro di voi. Il mondo è uno specchio che riflette continuamente ciò che fate dentro di voi”.[4]
L’Arteducativa psicosintetica si rifà continuamente al modello e alla prassi della Psicosintesi di Roberto Assagioli, spesso citato nel libro, ma si rifà pure alla psicagogia dalla quale la Psicosintesi stessa attinge il senso dell’educazione. Già Platone utilizzava il termine Psicagogia che letteralmente significa: Prendersi cura di sé poiché usa la psicologia che si ottiene dall’intelligente osservazione della vita, ossia dall’esperienza quotidiana più di quella che si apprende dalle istruzioni dei manuali e dai trattati. La prassi proposta è educativa perché può essere descritta come: l’arte di insegnarsi per diventare persone migliori, attingendo il meglio dal proprio “bagaglio interiore. Per Assagioli, e per altri ricercatori, educare non vuol dire riempire le menti con qualcosa ad esse estraneo ma attingere alle più nobili energie dell’individuo che gli mostrano le sue più alte possibilità (supercosciente).
L’etimologia della parola ci spiega che educare deriva dal latino ex-ducere, e significa “tirar fuori”-“dal dentro al fuori” il meglio di sé , esattamente il contrario della concezione dal fuori al dentro: inculcare. Per questo motivo la prassi applica l’educazione alla manifestazione di espressioni varie, le quali testimoniano il movimento interiore umano. Il suo punto di forza sta nell’offrire uno strumento espressivo, un mediatore creativo per mezzo del quale il soggetto manifesta in modo pratico, tangibile e graduale, le proprie espressioni senza esserne sconvolto.
Lavora sottilmente sulle convinzioni e strategie nascoste nel cervello che, mobilizzate, organizzano l’esperienza, dalle quali partono le osservazioni personali, diverse per cultura ed educazione. Per cui, concetti, pensieri, idee, azioni ed altro ancora nascono da ciò che in psicologia è denominato “schema di riferimento di base”, o ciò che gli antichi chiamavano “idolo che ti guida”,[6] divenendo così delle realtà causali. Queste sono modificabili qualora si lavori sull’effetto e non sulla causa.
Nella prassi dell’Arteducativa psicosintetica si trovano le risposte alle seguenti domande:
  • Che cosa sono le convinzioni?
  • Dove, quando, come e perché si formano in noi?
  • In quali circostanze vengono comunicate?
  • Come influiscono nella nostra vita quotidiana?
  • Si possono trasformare?
  • Se sì, quali?
  • Come, quando e perché è bene trasformarle?...
Si procede in modo consapevole e consequenziale tentando, con strategie diverse, di ottimizzare il risultato, che a sua volta modificherà in meglio la causa. Nel frattempo il soggetto entrerà in connessione con le sue risorse profonde e vivrà delle piccole o grandi aperture interiori verso nuove conoscenze ed esperienze.
Lavorando sull’effetto non si agisce direttamente sulle difese che, come un ponte, uniscono seppur separate le due estremità: l’interiorità e l’espressione esteriore. Spesso la lontananza fa perdere la visione dell’altra sponda e, non vedendola, è facile dimenticarne la dinamica omettendo l’integrazione della sua energia. Non sarà di certo per dimenticanza che la dinamica sparisce. Questa, seppur in incognita, in ogni caso agirà all’insaputa del soggetto. Proprio per questo la prassi proposta indirizza dolcemente il soggetto a contattare liberamente le proprie emozioni senza essere immediatamente investito da quello che non sa gestire o che ritiene immorale. In questo modo arriva ad accettare anche quei contenuti che ritiene sgradevoli e dolorosi, penosi e faticosi da sostenere.
La presa di coscienza delle nuove informazioni, anche se di difficile comprensione, non avviene tramite consigli o spiegazioni altrui, ma mediante la restituzione (rimando) dalle stesse rappresentazioni espressive. Così dalla funzione valutativa si passa a quella arcaica, ossia evocativa-invocativa e, mentre in essa ci si osserva, si ricevono gli input indispensabili per fare progressi. L’Arteducativa psicosintetica, favorisce la spontaneità rispetto all’istintuale, l’immaginazione alla fantasia, l’ascolto all’interpretazione e la consequenzialità al senso slegato. Le sue molteplici rappresentazioni sono tracce luminose del cammino evolutivo “partecipato” i cui passaggi sono come gemme preziose che brillano. I rispettosi dialoghi con le molteplici riproduzioni espressive sono le “chiavi di accesso” per l’esplorazione della dignità umana ferita. Così tra i colori, le linee, le forme, i movimenti e le varie manifestazioni comunicative ricche di significato si scopre l’essere umano.
Applicandosi sulla personalità e la sua materia (schemi, abitudini, tendenze...) si lavora in un senso che posso definire orizzontale e allo stesso tempo si cerca la direzione verticale che è a favore dell’identità più vera e profonda dell’essere umano (Anima), poiché restituisce luce, spirito: la Fonte. Tutte le espressioni dell’Arteducativa psicosintetica eseguite con impegno e consapevolezza sono forze energetiche al servizio dello sviluppo dell’Anima e dell’affiatamento tra essa e la personalità.
Anche l’arte, che nella prassi viene utilizzata, consente, migliora ed arricchisce la comunicazione fra la personalità e l’Anima. È un supplente particolare tramite il quale avviene la trasmissione delle informazioni, non sempre avvertite dal soggetto. Di conseguenza egli vive una sensazione di vuoto interiore che potrebbe essere colmata facilmente da veleni o esalazioni malsane provenienti dai ricordi, emozioni, pensieri. In altre parole sono i fattori che creano le varie dipendenze apparentemente involutive dalle quali, prima di nutrire l’Anima, sarebbe opportuno disintossicarsi. Esse in modo meccanico frenano o deviano l’intenzione. Infatti non è solo sufficiente voler disintossicare, ma è fondamentale saper usare la volontà, sia nel trasformare ciò che si desidera ripulire, sia nell’agire con le azioni al presente per  nutrire l’Anima. In quanto esperienza, penetra nelle sinapsi neuronali diventando memoria attiva per colui che ha deciso di seguire il sentiero dell’Arteducativa psicosintetica, nuova frontiera per l’educazione emotiva-affettiva.
In quanto percorso che favorisce - per usare le parole di M. Rosselli -“l’apertura del Cuore, che è poi l’essenziale nel cammino della Vita” diventa ARTETICA nel momento in cui la Luce della consapevolezza illumina il terreno, sul quale si sta camminando, mostrando il luogo ove si verifica il preciso momento/passaggio evolutivo. La prova richiede lo sforzo di imparare a dominare la personalità armonizzando i suoi aspetti e percependo l’attrazione dell’Anima. Nell’intraprendere questo cammino consapevole, è necessario che il ricercatore, come insegna Assagioli, decida di “volere il volere” ossia scelga di porre la propria volontà al servizio dell’evoluzione. Essendo divenuto pensatore, non sarà più in balìa delle forze dell’evoluzione, ma diverrà artefice, homo faber della sua storia personale e cooperatore intelligente del Piano Divino.
Da vagabondo che procede disorientato diventa viandante in cammino su una via specifica, per poi proseguire da pellegrino sulla via sacra e in veste di servitore nel seguire l’evoluzione della coscienza. Dice Luce Ramorino: “Il servitore nasce in noi insieme alla consapevolezza del Piano Evolutivo e al movente di agire per facilitarne l’attuazione”. Una volta scoperto o intuito il Proposito o quantomeno la sua natura di essere in evoluzione inizierà il cammino sopra descritto applicando con chiara determinazione atti di volontà disciplinati, scegliendo cosa fare della propria vita, e quindi prenderà in mano le redini dell’evoluzione personale. E, per connessione, anche quella Universale.
Comprenderà che “La vita insegna e aiuta ad evolversi proponendo situazioni attraverso le quali si producono inevitabilmente progressive identificazioni (esperienze), disidentificazioni (distacchi – elaborazioni) e autoidentificazione (autocoscienza – identità)”.[10] Non troverà più nemici da combattere, torture da subire, ma squilibri da sanare. Camminerà procedendo a piccoli passi e, Saturno, Signore del Karma, sarà visto come un amico alleato e non un nemico temuto. 
In conclusione, caro Lettore o Lettrice, sono felice di porgerTi questo libro elaborato su una delle modalità da me utilizzate per molto tempo, che mi ha vista “chinata” a guardare nella profondità del mio mistero interiore alla ri-cerca di luoghi ove scorgere “semi” da innaffiare, oppure spazi da seminare.
Tra le molte e diverse modalità adottate, una più delle altre mi ha impegnata nell’applicarmi con costanza ed attenzione: la rappresentazione espressiva. Da allora sono trascorsi molti anni. Man mano che acquisivo dimestichezza con la prassi, coltivavo con cura e pazienza le sue sementi nella mia terra interiore rispettandone i tempi ed i cicli di maturazione.
Ora, alcune cresciute e diventate piante mature, germogliano fiori e donano i loro frutti. Alcuni li ho raccolti e, dopo averli “lavati”, li ho collocati in questo libro che ora è anche a Tua disposizione. Fin dall’inizio della stesura ho vissuto questo impegno come un’opportunità per sviluppare la mia volontà e l’aspetto attivo pratico insito in ognuno di noi. Divulgare il valore della rappresentazione espressiva e consequenziale psicosintetica, inserito in una prassi da me in parte elaborata e denominata “Arteducativa psicosintetica”, richiese di appoggiare i piedi su un campo preciso e specifico. In chiave metaforica dovevo camminare stando bene attenta a dove li avrei appoggiati.
In altre parole significava riordinare tutto il materiale raccolto negli anni trascorsi e analizzare, riesaminare, comparare le mie esperienze non solo verificandole alla luce del mio “sapere” ma anche dimostrarle, accostarle e confrontarle con quelle delle persone esperte in materia per poi elaborare una prassi. Solo così avrei potuto continuare ad apprendere, mentre le mie ricerche di oltre vent'anni di esperienze documentate e di uno studio decennale mirato le avrei prima catalogate, poi trasformate in concetti chiari ed infine trasferite in un libro ordinato che, se pur con i suoi limiti, non sarebbe stato solo utile a me, ma anche ad altre persone.
A Te Lettore, chiunque Tu sia e in qualunque luogo Ti trovi, auguro che la lettura di queste “pagine” ci possa avvicinare un po’ di più sul piano, se non della condivisione, almeno della conoscenza. Inoltre, spero Ti possa comunicare qualche “cosa” di utile e perché no, anche di piacevole.
Che la Luce illumini la Tualieta lettura.
 

 
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