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Info
rilegatura: brossura
formato: 15 x 21 cm.
pagine: 134
ISBN: 978-88-6119-004-9
Editore: Il Libraio delle Stelle
Anno di pubblicazione: settembre 2007
Euro: 14.00
Approfondimenti
Prefazione
Indice dell'opera
La Grande Invocazione
Il Problema della Psicologia
Le Ghiandole e il comportamento umano
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Notizie sull'autore
Alice A. Bailey
Autobiografia incompiuta
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IL PROBLEMA DELLA PSICOLOGIA

Tre motivi mi hanno deciso a scrivere questo libro: il desiderio di avvicinare la psicologia materialistica o esteriore a quella introspettiva; di armonizzare Occidente e Oriente, guardando, oltre la psicologia scientifica, verso il più vasto regno del pensiero e della psicologia dell’intera specie; e infine mostrare che tutti questi aspetti contrastanti sono diverse facce di una stessa verità che, riunite, costituiscono l’unica Realtà.
Questi desideri sono nati dall’attuale stato dell’insegnamento psicologico. Esisto-no ora due psicologie principali, che Will Durant ne: Le dimore della filosofia ha otti-mamente descritto: “... vi sono due maniere di studiare l’uomo: una, parte dall’ambiente e considera l’uomo come un meccanismo di adattamento; essa riduce il pensiero a una “cosa” e lo “spirito” a “materia”e si manifesta nel materialismo mascherato di Spencer e nella filo-sofia del comportamento di Watson... L’altra, parte dall’interno e considera l’uomo co-me un sistema di istanze, impulsi, desideri che lo spinge a studiare, usare e padroneg-giare l’ambiente; essa vorrebbe ridurre tutte le cose in pensiero, la materia in spirito; prende le mosse dell’“entelechia”di Aristotele (il quale affermava che uno scopo inte-riore determina ogni forma) per sfociare nel vitalismo di Bergson e nel pragmatismo di William James”.

W. B. Pillsbury ritiene che questo duplice sistema implichi un’inutile ripetizione: “Se si accetta la teoria del comportamento, ciò significa che dobbiamo seguire due psicologie l’esterna e l’interna. Una vista da fuori e una vista da dentro. Nel migliore dei casi ciò sembra un’inutile complicazione” . Riconoscendo questa duplice situazione e d’accordo con Pillsbury nel ritenere i-nutili queste due interpretazioni, sono però convinta della possibilità di fonderle in un’unica teoria. Desidero perciò presentare un’ipotesi che dimostri come tanto la scuola meccanicista, quanto quella introspettiva siano nel giusto e ambedue necessarie per considerare tutti i casi, dato che, in realtà, sono complementari. Possiamo così stabilire una terza scuola, mista, fondata sull’esatta conoscenza dell’Occidente e sulla saggezza introspettiva dell’Oriente.

Nel considerare queste due scuole risulta chiaro che la psicologia moderna e più diffusa è soprattutto materialistica. I testi più recenti, emanazioni delle molte e varie scuole europee ed americane, o si occupano principalmente di accettare o combattere la filosofia meccanicista del comportamento, o non fanno che presentare altre forme di psicologia materialistica.

Wolfgang Köhler, in Gestalt Psychology dice, ad esempio: “In linea generale ogni persona crede di sentire perché assume un certo atteggiamento e più tardi uno diverso; crede inoltre di saper comprendere perché in una data situazione tende a fare una cosa e perché, in una successiva e differente, ne fa una del tutto diver-sa. Dal suo punto di vista egli sperimenta direttamente e sinceramente quel contenuto dinamico, il cui sviluppo costituisce la vita mentale. I più accreditati psicologi di oggi hanno invece opinioni completamente estranee e opposte. Secondo loro, l’individuo tende ad agire in un modo e più tardi in un altro, perché nel primo caso certi condotti nervosi sono più disponibili di altri, e nel secondo certe altre connessioni sono più aper-te. Fortunati coloro i cui condotti nervosi più aperti sono proprio quelli giusti e appro-priati!”.

Tutto è dunque molto confuso e, come dice Will Durant (op. cit.): “la psicologia ha appena cominciato a capire (e non ancora a controllare) la condotta e il desiderio de-gli uomini; è una mescolanza di misticismo e metafisica, di psicanalisi e filosofia del comportamento, di mitologia ghiandolare e squilibri dell’adolescenza”. La psicologia si aggira ai confini dell’invisibile, cui dà il nome di energia (nervosa, atomica, o vitale), forza, vibrazione eterica, corrente e carica elettrica, o energia li-beramente vagante, chiamata libido. Tutte le scienze sembrano convergere verso questa terra di nessuno, verso l’indefinibile. Forse, quando il velo sarà sollevato, vedremo la terra promessa dei sogni e delle aspirazioni dell’uomo. Uno stato di incertezza e di atte-sa accompagna la sicurezza e i “fatti” della scienza moderna. È come se l’umanità si trovasse di fronte al sipario di un teatro, in attesa che si alzi sul secondo atto, al quale potrà partecipare con intelligenza. Essa ha un lungo passato, ha subito molte esperienze e accumulata molta saggezza; ma sa di poter partecipare a rivelazioni e sviluppi assolu-tamente inattesi e per cui forse è oggi inadeguata.

Frattanto, in questo palcoscenico cosmico, nel suo avvicinarsi alla verità attraverso varie strade, la scienza ha ordinato i fatti conosciuti, ne deduce i possibili sviluppi e procede, in tutte le branche ed attività, basandosi su ipotesi che, esatte o inesatte, meri-tano di essere sperimentate e provate. Interpretando quello che dovrebbe essere l’atteggiamento mentale degli studiosi in ogni campo della conoscenza umana, Bertrand Russel afferma: “Non abbiamo bisogno della volontà di credere, ma del desiderio di scoprire; il che è esattamente l’opposto” .

La mentalità più adatta per intendere la situazione odierna della scienza è quella scettica, ma pronta a lasciarsi convincere; agnostica, ma decisa a cercare onestamente; piena di interrogativi, ma aperta alla convinzione quando le ipotesi siano dimostrate; e soprattutto di larghe vedute e tale da comprendere che solo nelle verità formulate da molti si può conoscere l’unica Verità. Soltanto le piccole menti, i piccoli uomini, sono atei, dogmatici, distruttivi, statici e voltano le spalle alla luce e al nuovo giorno. La mente ricercatrice, curiosa, scientifica è la più adatta per lo studio della psico-logia, la conoscenza più antica del mondo, e tuttavia ultima fra il novero delle scienze ufficiali. Solo con la volontà di considerare l’intero campo nella sua totalità, senza cri-stallizzarsi in una particolare scuola, solo evitando di farsi opinioni fin quando non è penetrata la conoscenza, il ricercatore si sottrae al rischio della visione ristretta, che scorge solo punti isolati, ma non il panorama che li ospita, che si occupa di frazioni e decimali senza mai comporli nell’unità.

Sono segni di speranza la crescente comprensione del punto di vista orientale e il desiderio di studiarlo. La psicologia dei due emisferi è tanto differente, e così diverso il modo di accostarsi alla verità, che solo in questi ultimi anni si è cominciato ad intrave-dere la possibile unità fondamentale e a presentire il nuovo aspetto dell’uomo e del suo ambiente, che può sorgere dalla sintesi delle due concezioni. Le vecchie interpretazioni potranno essere sbagliate, ma le antiche verità restano: ammessa la fallacia dei vecchi errori, la realtà irraggerà la sua limpida luce. Dall’unione delle varie scienze, deduzioni e idee potrà determinarsi una nuova psicologia basata sulla comprensione, ben nota in Occidente, della struttura dell’individuo, e sulla comprensione, familiare in Oriente, dell’energia o spirito con cui l’uomo dirige ed anima il suo strumento. Queste: la strut-tura esterna e l’energia che l’anima, non sono in antitesi, ma interdipendenti. Esse hanno unità essenziale.

La psicologia occidentale si occupa principalmente della struttura esterna dello universo oggettivo materiale e tangibile e delle reazioni periferiche dell’uomo a questo livello. Studia l’uomo come un corpo animato. Mette in rilievo la meccanica e lo stru-mento. Essa è quindi di tendenza meccanicistica e considera solo ciò che può essere sot-toposto a verifiche ed esperimenti. Studia il corpo e spiega le emozioni e la condotta, oltre a ciò che chiama anima, in funzione del corpo; Durant chiarisce questa posizione affermando: “Il Sé o Anima non è altro che l’insieme dei caratteri ereditari e delle espe-rienze acquisite dall’organismo” . Essa spiega la tipologia umana e i temperamenti in termini meccanici. Louis Berman così riassume: “Il più prezioso elemento di conoscenza che abbiamo oggi sull’Uomo è che egli è il prodotto delle sue ghiandole a secrezione interna. L’Uomo come organismo individu-ale è cioè l’effetto del lavoro di una quantità di fabbriche cellulari, che controllano le parti del suo organismo, così come una fabbrica di automobili produce le varie parti della macchina. Queste fabbriche chimiche, formate di cellule, producono speciali so-stanze che agiscono sulle altre cellule del corpo e così iniziano e determinano quell’infinito processo che chiamiamo Vita. La vita, il corpo e l’anima emergono dall’attività della magica linfa creata da questa chimica silenziosa, così come un albero di cristallo di stagno emerge dalle reazioni iniziate dalla corrente elettrica in una solu-zione di sali di stagno.

L’uomo è regolato dalle ghiandole a secrezione interna. All’inizio della terza de-cade del ventesimo secolo, dopo aver lottato per almeno cinquantamila anni per definire e conoscere se stesso, l’uomo può accettare questa visione come vera. È una induzione che può avere varie ripercussioni ed è valida poiché corroborata da una quantità di fatti precisi” . Così la psicologia occidentale dà grande importanza a ciò che appartiene al fisico e, nell’ambito suo, è scientifica. È dunque costituzionalmente opposta alle oziose e so-gnanti speculazioni del mistico visionario. Il risultato delle sue ricerche è stato di isolare un insieme di fatti che effettivamente rappresentano la verità dell’uomo, sul suo com-portamento e sul suo equipaggiamento. Questa conoscenza avrà enorme valore per pro-durre un più adatto meccanismo per lo sviluppo di una razza umana migliore.

La psicologia occidentale, nelle sue scuole più estremiste, è determinista, poiché riferisce tutti i sentimenti, pensieri ed attività al funzionamento delle cellule fisiche e degli organi del corpo. Il libero arbitrio viene quindi in gran parte eliminato a favore dell’organismo, del sistema nervoso e di quello endocrino. Ne fanno fede le seguenti ci-tazioni: Watson insegna, che “l’emozione è un insieme di reazioni ereditarie che implicano profondi cambiamenti nel meccanismo del corpo considerato nel suo insieme, e più particolarmente dei sistemi viscerali e ghiandolari”; e che “il pensiero e l’azione del meccanismo del linguaggio”, “nient’altro che un’attività altamente integrata del corpo”; e che “quando studiamo processi che riguardano il corpo, studiamo il pensiero”. Con questo egli non vuole affatto identificare il pensiero con la corrispondente attività corti-cale del cervello, ma con tutti i processi del corpo che implicitamente o no entrano in funzione per produrre il linguaggio parlato, scritto o a segni: cioè l’attività muscolare dell’apparato vocale, diaframma, mani, dita, movimenti dell’occhio, ecc.” .

“La psicologia studia il mondo attraverso l’uomo, cioè le esperienze come dipen-denti dal sistema nervoso, mentre la fisica le considera come indipendenti da esso. La psicologia deve quindi essere classificata, fra le altre scienze, come la disciplina che mette a nudo i caratteri generali della mente e la definisce come “l’insieme dell’esperienza umana, dipendente dal sistema nervoso”... Studia l’insieme ambientale inteso come esistente solo dal momento in cui influenza il sistema nervoso (umano), mentre la fisica lo studia a prescindere, da esso” . “In terzo luogo, la fede del meccanicista implica due ipotesi accuratamente distin-te, una delle quali può essere falsa e l’altra vera: 1 tutti i processi nel mondo sono di un unico tipo; questo tipo è quello comunemente riconosciuto dalle scienze fisiche, nella loro interpretazione della natura inorganica; eventi eminentemente meccanici o esattamente determinati e quindi rigorosamente prevedibili” .

Herman Rubin dice: “l’apparenza fisica dell’individuo, i suoi atteggiamenti psi-chici, o ciò che si può chiamare la chimica della sua anima, sono in gran parte manifestati dalla natura e dalla quantità delle secrezioni interne delle varie ghiandole” .
Alcune scuole si spingono tanto avanti da negare addirittura la coscienza, consi-derandola (e l’orientale direbbe che sono nel giusto) come una caratteristica della mate-ria. Leary scrive: “la coscienza caratterizza i nervi, così come la vibrazione caratterizza altre forme di materia”.

Analogamente, altrove, la coscienza è definita come “una complessa integrazione e successione di attività del corpo, strettamente collegate o anche dipendenti dai mecca-nismi verbali e dei gesti, che molto spesso si manifestano, quindi, come espressione so-ciale”.
Watson avverte i lettori che “non troveranno alcuna discussione sulla coscienza, né termini come sensazione, percezione, attenzione, volontà, immaginazione e simili. Queste parole godono di buona reputazione, ma”, egli dice, “ho scoperto che posso far-ne a meno nell’approfondire le mie ricerche e presentare la psicologia sotto forma di si-stema. Francamente ne ignoro il significato e credo che nessun altro possa adoperare queste parole a ragion veduta”.
Infine si sostiene che “quando la psicologia si sarà separata dalla psiche e si ac-compagnerà con esseri viventi, saremo capaci di gettar via parole come “coscienza”, “mente”, “memoria”. Il comportamento umano sarà considerato allora su basi scientifi-che e non come una branca della letteratura o della speculazione filosofica o religiosa. La “mente” darà il passo alla personalità, la “coscienza” a un comportamento appreso, e la “memoria” alla funzione di qualche parte dei muscoli striati o lisci dell’individuo” .
L’orientamento nettamente materialista della psicologia occidentale è tanto più sorprendente se si ricorda che la parola psicologia, filologicamente derivata da “psiche” e “logos”, significa: discorso intorno all’anima.
L’Occidente tuttavia non è del tutto concorde. Ci sono, ad esempio, la scuola in-trospettiva e la mentalista, che ammettono la coscienza e presumono un'entità consape-vole. Leary le definisce come segue: “L’introspezionista s’interessa della coscienza, della consapevolezza, del Sé, dell’immagine dell’“Io” e di tutte quelle altre cose che chi studia il comportamento da un punto di vista rigido e severo, disprezza, ignora e rinnega... Egli volge l’attenzione all’interno; ricorda, paragona mentalmente, ricava i suoi dati da un’auto comunione, chiede ad altri di fare lo stesso; la filosofia del comportamento teoricamente tratta l’animale uomo come ogni altra forma inferiore di vita e si limita ad osservare obietti-vamente le reazioni dell’animale, così come un fisico o un chimico osserva in laboratorio le reazioni dei corpi o dei composti. Inoltre, la scuola soggettiva tende ad essere ul-trarazionale e sistematica; la filosofia del comportamento empirica e pragmatica...

“I mentalisti sostengono che l’attività psichica non è un semplice riflesso dell’attività fisica; che oltre il corpo e il cervello esiste qualcosa di differente, di altro livello, che si può chiamare mente, spirito o coscienza. Il pensiero non è il risultato del funzionamento della materia. Dall’altro lato, i materialisti, benché non completamente concordi fra loro, sostengono esattamente l’inverso, e cioè che tutto è fisico e che l’intero comportamento umano, sia esso pensiero, sentimento, emozione, attività mu-scolare o nervosa, è prodotto delle cellule fisiche, materiali, e che senza tali strutture non vi sarebbe alcuna attività. Qualunque cosa agisca è fisica comunque agisca. Secondo quelli esiste un potere informatore o spirito che usa le strutture del corpo fisico; secondo questi la struttura è la base unica e indispensabile della funzione, per quanto complessa, delicata e nobile questa sia in termini di morale o religione” .

Introspettivi e mentalisti non hanno tuttavia dimostrato scientificamente i loro ri-spettivi punti di vista e la loro posizione è indebolita ulteriormente da varie suddivisioni. W. Hocking scrive: “Invero, la psicologia non ha un’unica voce. Esistono la psicologia dinamica, fi-nalistica, formativa, di reazione; quella Freudiana, strutturale, del comportamento, ecc. Ognuna offre una differente immagine del Sé. Ma, nel loro insieme, hanno tutte un net-to aspetto fisiologico; e possiamo considerare la psicologia del comportamento come ti-pica, poiché ne è l’estremo esempio” . Una divisione a grandi linee è fatta da M. Prince: “Gli psicologi si possono dividere in tre gruppi psicologi del Sé, quelli che ne-gano il Sé e quelli intermedi. Il primo sostiene che il contenuto di ogni processo co-sciente implica un sé, una consapevolezza di sé. Quindi, ogni stato di coscienza è la consapevolezza di qualcosa per mezzo di sé.

Il secondo sostiene invece di essere incapace di trovare, per mezzo dell'introspe-zione, un sé o una coscienza del sé; rinnegano la sua realtà e affermano che i processi mentali funzionano senza esso. L’“Io”e il “Tu” sono mere espressioni verbali dovute alle esigenze del linguaggio”. La psicologia occidentale, in linea di massima, è dunque nettamente materialista. È meccanicista in quanto si sviluppa nell’era delle macchine, e quindi è assai forte poi-ché pone le sue basi su verità conosciute e fatti dimostrati. Può dar ragione del suo as-sunto e citare casi; la sua conoscenza del meccanismo dell’uomo, che per essa è tutto l’individuo, deriva da esperimenti e prove con risultati obiettivi e tangibili.

La critica che per prima viene alla mente è che il campo delle sue indagini è quasi esclusivamente limitato ai casi anormali, deficienti e patologici. Essa trascura i super-normali, i geni, e gli individui di elevata spiritualità, e sorvola su ciò che è bello, essen-ziale e vero per l’uomo comune. Se il Cristo fosse stato psicoanalizzato, senza dubbio sarebbe stato classificato come sofferente di un “complesso di Jehova” e considerato allucinato. Tuttavia la sua struttura e la qualità della coscienza del Suo sistema nervoso furono tali che Egli impresse il Suo segno sui secoli. Come uguagliare una simile strut-tura? Come riprodurre un simile meccanismo? La psicologia moderna è appena alle soglie del suo sviluppo e Walt Whitman così la immagina: “Viva la scienza positiva! Viva la dimostrazione esatta! I vostri fatti sono utili, ma non sono il mio mondo. Per loro mezzo entro nel mio regno” . In netto contrasto con la Scuola Occidentale, è l’Orientale, di cui introspezionisti e mentalisti sono soltanto pallido riflesso. La psicologia orientale basa su ciò che afferma esistere oltre la forma. È spirituale, afferma l’esistenza di un’anima e di uno spirito e tutte le sue deduzioni e conclusioni discendono da queste premesse. Ammette la forma e la struttura, ma soprattutto insiste su ciò che usa la forma e su quell’energia che la muove. Studia la vita e l’energia.

Da tempo immemorabile questo è stato il pensiero dell’Oriente, chiaramente e-sposto in quella sacra Scrittura indiana, che è la Bhagavad Gita: “Il Supremo Spirito, chiuso nel corpo, è lo Spettatore, il Pensatore, il Sostenitore, il Gustatore, il Signore, il Sé maggiore. “Illuminato dal potere che risiede nei sensi, ne é tuttavia libero, distaccato, e tutto sostiene, non suddiviso in poteri, ma fornito di ogni potere. “È dentro e fuori ogni essere, immobile e dinamico, impercettibile per sottigliezza, lontano e vicino”.

(XIII: 22, 14, 15). “I corpi temporali appartengono all’eterno Signore del corpo, imperituro immen-surabile”. (II: 17). “Si dice che i poteri dei sensi siano superiori agli oggetti, l’emozione superiore ai poteri dei sensi, la comprensione all’emozione, ma Egli sorpassa la comprensione”. (III: 42).

Così la psicologia orientale si occupa della causa, del Creatore del sé; sia il sé divino individuale, nel suo piccolo mondo di attività mentale, emotiva e fisica, o il grande Sé, in cui tutti i piccoli sé vivono, muovono e sono. Essa si richiama a grandi Testimoni; ha prodotto alcuni che affermano di conoscere il Sé per contatto soggettivo. Tutto questo, dichiara, può essere provato da chiunque voglia studiare i suoi metodi e sottoporsi a speciale disciplina. La sua posizione nel considerare il Sé lo spirito in tutte le cose come fonte d’energia, è altrettanto netta quanto quella della psicologia occidentale, per cui la sorgente dell’energia é la forma.

Evidenti sono i difetti dei due sistemi, che, in ambedue i casi, portano a deplore-voli risultati. L’Occidente mette in risalto l’aspetto forma e nega l’anima come potenza motrice intelligente. L’uomo é soltanto polvere e nelle sue narici Dio non ha mai infuso lo spirito. L’Oriente non disconosce la parte fisica, ma la disprezza, e si è reso respon-sabile di miserevoli condizioni materiali di vita. Benché questi difetti siano gravi, perché non dovrebbe essere vero, anche in questo campo, che nell’unione sta la forza?

Se il Sé esiste e ciò deve essere dimostrato ed è la cosciente anima divina, per-ché non dovrebbe essere altrettanto cosciente del piano fisico, quanto dei suoi divini rapporti? Se è l’energia dominante che produce ogni manifestazione e anche questo deve essere provato non la si potrebbe adattare alla sua struttura, con saggezza, sì da poter conseguire i migliori risultati? Perché non coordinare la coscienza scientifica dell’Occidente circa la forma, e la sapienza dell’Oriente circa la natura dell’anima, in modo che il meccanismo esprima l’anima in maniera perfetta?

Non potrebbe la materia sollevarsi verso la mente, l’Anima, lo Spirito qualunque nome gli si voglia attribuire e non potrebbe questo favorire tale ascesa perfezionando il veicolo con cui si manifesta, così da irradiare luce maggiore?
Scrivo con questa speranza: coordinare le psicologie materialistiche, e le intro-spettive, armonizzare l’Occidente e l’Oriente, mostrando che proprio nella loro unione stanno la forza e la realtà.
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