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DISPONIBILITÀ IMMEDIATA
Osho
I Fiori dell'Eternità
Oshoba editore
Pag. 187
Formato: 15 x 21 cm.
Anno: 2010


€. 16.50 €. 15.67 (-5%)

  

«Ricordare se stessi in quanto Buddha è l’esperienza più preziosa, perché quella è la tua eternità, la tua immortalità. Non sei tu, è la tua vera esistenza. Tu sei tutt’uno con le stelle e gli alberi e il cielo e l’oceano.» Osho «Lo Zen dice: guarda il problema stesso, in esso è nascosta la risposta. Guarda la domanda in profondità e se l’osservazione è perfetta, la domanda scompare. Nessuna domanda è mai stata risolta, scompare semplicemente e quando scompare, svanisce senza lasciare traccia alcuna. Non puoi capire, perché la mente non comprende mai. La mente è un’ignorante incallita; la mente è la radice stessa dell’ignoranza. Come mai la mente non può capire? Perché è solo una minuscola parte del tuo essere e la parte non può capire, solo il tutto è in grado di comprendere.

Ricordalo sempre: solo il tuo essere totale può comprendere qualcosa, la parte no. Né la tua testa né il tuo cuore né le tue mani né le tue gambe possono comprendere, solo il tuo essere totale. La comprensione appartiene al tutto, l’incomprensione alla parte. Lo Zen è arrivato a capire che la comprensione appartiene alla totalità: mangia, dormi, sii naturale e sii totale, e non cercare di dividerti, corpo e mente, anima e materia. Non dividere: con la divisione sorgono il conflitto e la violenza, con la divisione sorgono milioni di problemi, e poi non ci sono soluzioni. Al contrario, esiste una sola soluzione ed è essere di nuovo integro, lasciare ogni cosa alla totalità naturale.» Osho


Dall'introduzione del libro

Dopo aver parlato per anni commentando i testi delle tradizioni religiose e mistiche di ogni epoca e paese – da Pitagora a Chuang-tzu, dai Vangeli a Guru Nanak, dai Sufi ai Baul… e così via, in un affresco senza limiti – Osho ha dedicato i suoi ultimi discorsi esclusivamente allo Zen, terminando con il Manifesto dello Zen, il suo testamento spirituale. Attraverso il commento di Osho, gli aneddoti e le storie Zen – che lui ama chiamare sutra, come i versetti della tradizione indiana – antichi e senza tempo, ricchi di fascino e al tempo stesso arcani ed enigmatici, a volte assurdi e paradossali, assumono una veste comprensibile anche per noi che ci avviciniamo alla dimensione interiore da tutt’altre prospettive.

Ma la cosa certamente più importante – e in un certo senso insolita – è l’atmosfera che ha accompagnato questi discorsi: Osho creava un ambiente davvero giocoso, scevro da ogni forma di intellettuale serietà, senza tuttavia perdere di vista le vette e i sentieri verso la dimensione del trascendente che i racconti Zen evocano. Ecco dunque il suo giocare con Avirbhava, una discepola americana, oppure il chiamare in causa Sardar Gurudayal Singh, “l’uomo che ride prima ancora che si racconti una barzelletta”, o il suo utilizzare Nishkria, di fatto il cameraman, per distribuire “bastonate Zen”. Tutto questo è parte di un messaggio di rinascita e di rinnovamento, perché solo uno spirito nuovo può avvicinare le nuove generazioni al trascendente.
 
«Lo Zen tradizionale è duro, arduo. Richiede venti, trent’anni di meditazione costante, un ritiro totale delle proprie energie dal mondo, per dedicarle solo alla meditazione. Io sto cambiando radicalmente tutto ciò che è lo Zen tradizionale, perché non vedo come l’uomo contemporaneo possa dedicare venti o trent’anni della sua vita soltanto alla meditazione: se lo Zen rimane così severo, così austero, scomparirà dalla Terra. Dev’essere trasformato, in modo che l’uomo contemporaneo se ne possa interessare. Dev’essere una via facile, rilassata, non troppo ardua. Il vecchio Zen tradizionale ormai non può più esistere e non è neppure più necessario». Osho

A questa prospettiva globale, nella serie di discorsi raccolti in questo volume, si aggiunge un ulteriore elemento “rivoluzionario”: l’interazione con Gautama il Buddha e con ciò che questi sembra aver lasciato in sospeso, a partire dalla sua promessa di tornare, come Maitreya, l’amico. Osho inizia con l’accoglierlo, poi se ne libera, spiegando l’impossibilità di interagire con un’entità oramai vecchia e obsoleta, incapace di confrontarsi con il mondo contemporaneo. E su questo sfondo, giocando con le reazioni di vari personaggi che vogliono rappresentare il buddhismo in quanto religione, istituzione e stile di vita, Osho prende le distanze da una tradizione oramai priva di reali radici esistenziali.

Ed è ancora Zen… riproposto libero dalla polvere del tempo, slegato da ogni appartenenza, nel pieno della sua dignità di cammino in grado di condurre l’individuo alla piena realizzazione del suo potenziale. «Per me lo Zen è l’unica religiosità autentica. Non ha nulla a che fare con il buddhismo, non ha niente a che fare con il taoismo: in realtà è una ribellione contro quelle tradizioni. Eppure contiene il messaggio essenziale di Gautama il Buddha. Lo Zen ha scartato tutto ciò che era solo un commento, ha eliminato tutto il superfluo e sta preparando la strada a una futura umanità con un’unica, condivisa, religiosità. Lo Zen è l’unica cosa veramente preziosa che ci sia arrivata dal passato. Il mio amore verso lo Zen non è senza un proposito: io sto cercando di aiutarti a comprenderlo per uno scopo preciso; infatti, sarai tu l’uomo nuovo, sarai tu a creare una nuova umanità, un mondo nuovo, a crescere essenzialmente, fino a diventare un buddha. Il buddha non ha niente a che fare con Gautama il Buddha; il buddha è la tua natura più vera: significa “risvegliato”. Tu sei inconsapevole: sotto questa incomprensione è profondamente nascosta una vivida fiamma di consapevolezza; quella fiamma è la tua natura essenziale. Per trovarla non devi andare da nessuna parte, devi solo entrare dentro di te». Osho

E per dare ai presenti un tangibile assaggio di ciò che realmente significa andare dentro e incontrare il buddha in se stessi, nei discorsi sullo Zen, inclusi quelli presentati in queste pagine, Osho sviluppa e utilizza una particolare meditazione, da lui guidata personalmente e che conduce a una diversa percezione di ciò che si è. La meditazione, anche se le parole che Osho usa per guidarla possono essere differenti di volta in volta, si compone di questi quattro stadi: Gibberish, cioè parlare una lingua “che non si conosce” e attraverso il suono e la voce liberarsi dalle tensioni accumulate; Andare dentro, con la voce di Osho che guida in uno spazio di silenzio, quiete e rilassamento profondi e invita a entrare in contatto con il proprio buddha interiore che altri non è che l’osservatore distaccato, il testimone; Let-Go, lasciarsi andare, abbandonarsi all’indietro e lasciarsi guidare in uno spazio meditativo ancora più profondo;

Tornare indietro, ricordandosi di portare con sé questa esperienza di essere un osservatore distaccato e con l’invito a essere un testimone in tutte le attività quotidiane. Questa meditazione è diventata nel tempo la parte finale dell’Evening Meeting, o “Incontro serale”, che all’Osho International Meditation Resort di Pune si tiene tutti i giorni. Pur con tutti i limiti della lingua scritta, abbiamo voluto lasciare la trascrizione di questo momento esperienziale alla fine di ogni capitolo.

Nell’insieme questo libro è una soglia che può davvero mutare in profondità l’esistenza di quanti le si avvicinano e soprattutto di coloro che oseranno varcarla: una vera e propria rinascita, non solo dello Zen, ma di ciascuno qui invitato a prendere in mano la propria vita, in quanto seme, per farla sbocciare in un “fiore dell’eternità”! «Lo Zen nacque in India, crebbe in Cina e fiorì in Giappone. In Giappone l’albero dello Zen fiorì in mille fiori coloratissimi… fiorì in migliaia di colori. In Giappone ora lo Zen è scomparso. I fiori sono appassiti. Adesso lo Zen è qui!».
Osho

Per una testimonianza diretta di chi ha vissuto e partecipato a questa rinascita, Maneesha ci racconta, nelle prossime pagine, la sua esperienza nel periodo in cui Osho parlava dello Zen e lei non solo raccoglieva e poi leggeva i sutra all’inizio dei discorsi, ma scopriva anche dentro di sé nuove domande, nuove risposte… e nuovi fiori.

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  • Scheda dell'autore: Osho

  • informazioni sull'Autore: Osho
    Osho Osho nasce a Kuchwada, In India Centrale, l'11 dicembre 1931. Fin dalla più tenera età, si pone di fronte alla vita come spirito libero. Insofferente alle regole e alle norme imposte, rifiuta la fede della famiglia, di religione giainista, e sfida sempre e comunque il potere costituito e chi lo rappresenta.

    La sua ricerca della verità raggiunge il suo culmine all'età di ventun anni, il 21 marzo 1953. Quel giorno, Osho vive nel proprio essere la più alta vetta di consapevolezza sperimentabile dall'uomo:l'illuminazione. Descritta in oriente come "l'istante in cui la goccia si fonde nell'oceano, e l'oceano si riversa nella goccia", per noi occidentale è molto arduo avvicinarsi a comprendere questo fenomeno. Osho stesso ne parla come di un'esperienza "orgasmica", assolutamente inaccessibile, per sua stessa natura, alla mente razionale. La goccia che si versa nell'oceano, e si fonde con esso, diventando l'oceano.

    Osho, spinto a voler invitare gli altri esseri umani a quella esperienza di trasformazione, inizia a viaggiare per tutta l'India. Alla fine degli anni Cinquanta arriva a tenere conferenze a platee anche di centomila persone. Termina comunque gli studi nel 1956, laureandosi in filosofia, e prosegue la carriera universitaria come professore al "Sanskrit College" di Rajpur prima, e quindi come rettore della cattedra di filosofia presso l'università di Jabalpur.

    Agli inizi degli anni Sessanta intraprende un lavoro diverso: aiutare altri esseri umani a vivere la stessa esperienza da lui vissuta. E tenta di fare ciò che non può essere fatto, di condividere ciò che non può essere condiviso, di insegnare ciò che non potrà mai , per sua stessa natura, essere insegnato. Dalle folle che ascoltano le sue conferenze emergono i primi discepoli che, paradossalmente, si uniscono a lui proprio sulla base di questa certezza, cioè che l'illuminazione non può essere comunicata. Il bisogno e l'impegno di questi individui va al di là del semplice ascoltare parole di saggezza e ben oltre le futili controversie che queste possono scatenare; essi vogliono intraprendere una ricerca reale, che li porti a conoscere veramente, senza intermediari.

    Per rispondere a questa esigenza, nel 1964 Osho inizia a organizzare Campi di Meditazione durante i quali utilizza delle tecniche in grado di aiutare a cogliere quel "silenzio" in cui la nostra vera natura si manifesta. Consapevole della diversa struttura mentale e psicofisica dell'uomo moderno, Osho ha ideato, negli anni, tecniche di meditazione conformi al tipo di "sonno psicologico" in cui oggi si vive, facendo anche buon uso delle intuizioni della psicoterapia. Nel 1966 egli abbandona la carriera universitaria e alla fine degli anni Sessanta si stabilisce a Bombay, dando vita a un Ashram, o "comunità spirituale", che viene trasferito a Puna (India) il 21 marzo 1974, in occasione del ventunesimo anniversario della sua illuminazione.

    Riconosciuto da quanti vivono intorno a lui come "Maestro di Realtà", dopo un'intensissima esperienza americana, conclusasi tragicamente con il suo arresto e un avvelenamento, scoperto con analisi mediche solo nel 1987, Osho torna proprio in quell'anno all'Ashram di Puna. Qui crea un "laboratorio di crescita", il cui impatto ancor oggi richiama da ogni parte del mondo ricercatori del vero, consapevoli di trovare in questo habitat immerso nella meditazione quello stimolo essenziale per scuotere l'equilibrio interiore e spostare il centro dell'autoidentificazione dell'essere: dal senso di separatezza che generalmente ci contraddistingue, a un senso di profonda appartenenza alla vita.

    Osho ha spiegato che il suo nome deriva dal termine "osheanic" coniato dal filosofo inglese William James, e da lui usato per indicare l'esperienza del "dissolversi nell'oceano dell'esistenza". "Ma osheanic descrive solo l'esperienza" egli ha chiarito. "Come definire colui che fa quell'esperienza della vita ? Per definirlo usiamo il termine Osho." "O" significa profondo rispetto, amore e riconoscenza, come pure indica sincronicità e armonia. "Sho" significa espansione multidimensionale della consapevolezza, e il riversarsi dell'esistenza da ogni direzione.

    Un suono, dunque, con forti eco nella nostra coscienza, più che una figura storica...così Osho ha voluto essere ricordato da quanti traggono ispirazione e alimento dalla sua visione, espressa nelle decine di migliaia di discorsi tenuti nel corso degli anni e pubblicati in centinaia di volumi. L'epigrafe che lui stesso ha dettato per il suo samadhi così recita: "Osho. Mai nato, mai morto, ha solo visitato questo pianeta Terra dall'11 dicembre 1931 al 19 gennaio 1990".

    A Puna, in India, la comunità sorta ispirandosi alla sua visione di un Uomo Nuovo è ancora fiorente; in essa ha sede una "Multiuniversità" che offre corsi e programmi di crescita interiore (www.osho.com). Ma sopratutto, qui è possibile immergersi in un contesto di salute globale che rende chiaro il senso di un nuovo stile di vita fondato sull'armonia, la pace e la quiete interiore. A migliaia tutti gli anni persone provenienti da ogni parte del mondo, trascorrono in questa dimensione periodi più o meno lunghi, riconoscendo l'importanza di un'intima connessione col proprio essere per cogliere e accettare quel nulla e quel vuoto che sono il vero significato dell'esistenza.
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