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Info
rilegatura: brossura
formato: 14,5 x 21 cm.
pagine: 63
ISBN: 978-88-6119-018-4
Editore: Il Libraio delle Stelle
Anno di pubblicazione: ottobre 2008
Euro: 10.00
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C’era una volta in un piccolo villaggio sperduto fra le montagne un ragazzo molto irrequieto: non stava mai fermo, combinava solamente dei guai.

Passavano gli anni e si fece uomo. Il suo carattere divenne ben presto “terribile”: inverosimilmente coraggioso, si distingueva per le sue bravate tanto crudeli che gli valsero il soprannome di “Uomo tigre”. Sapeva inspiegabilmente attirare a sé molti giovani del villaggio; la sua spavalderia e tracotanza veniva interpretata come “sicurezza di sé”; l’irriverenza, il suo essere provocatorio, il continuo atteggiamento di sfida, incutevano un istintivo timore, un rispetto e un’invidia nascosti. Sembrava libero, senza legami, fiducioso, fiero e indomito. Non v’era impresa difficile in cui lui non si immergesse come in un fiume tumultuoso: più le circostanze gli si infrangevano contro e maggiormente egli trovava l’ingegno e la forza necessari per farvi fronte.

Purtroppo i suoi sentimenti non erano puri: ogni sua azione portava il marchio più o meno inciso della crudeltà. Trattava gli amici come fossero avversari, usava gli animali come se non avessero un’anima, sfruttava ogni circostanza per conquistare fama e gloria. Si raccontavano storie terribili e sanguinarie, sul suo conto: non c’era neppure un episodio che potesse testimoniare comprensione o compassione.

Sbalorditivo era il suo fascino: emanava una sorta di energia magnetica. Lunghi capelli ondulavano al vento, d’un biondo luminoso come spighe di grano maturo.
Gli occhi parevano due braci, talmente ardevano alla ricerca dell’avventura, del mistero, dell’i-gnoto.

La bocca s’incastonava in un volto dalle proporzioni perfette: carnosa e delicata allo stesso tempo, esprimeva una tenerezza infinita che cozzava con i suoi modi rudi e barbari.
Due mani particolari, ampie, poderose, forti, testimoniavano l’abilità nell’agire, la capacità di materializzare abilmente le sue idee: sembravano due coppe atte a portare il trionfo delle sue strepitose imprese.
Le spalle come montagne s’ergevano a sostenere il corpo vigoroso e bello.
Tronco e gambe atletiche parevano scolpite da un’artista invisibile.
Ogni volta che entrava nel villaggio, le maliziose attenzioni delle giovani fanciulle come farfalle gli svolazzavano intorno e lui si pavoneggiava sfoggiando le piume iridescenti della superbia, della boria e della sfacciata altezzosità. Se non fosse stato per le cattiverie che come ciottoli cadevano dalle sue azioni si poteva sicuramente paragonarlo ad un “semidio”.

Trascorreva le giornate girellando senza meta ma sempre pronto a “combinarne una” - possibilmente peggiore della precedente.
Il suo carisma era tale che tutto gli veniva perdonato. La sua vita trascorreva alla perenne ricerca del nuovo, dell’inatteso, dell’inimmaginabile: l’imprevisto lo estasiava perché gli permetteva di misurarsi più da presso, gomito a gomito, pelle a pelle con l’ostacolo, la difficoltà, l’incapacità. Impavido non calcolava mai le conseguenze delle sue scelte e delle sue azioni: si affidava ciecamente al suo istin-to e prontamente rispondeva alle sue intimazioni. Pur irresponsabile e incosciente, i suoi gesti sembravano dotati di una maestria superiore, di una conoscenza occulta, quasi mistica.

Ma i suoi giorni, interamente trascorsi a cercare novità inusuali, non riuscivano più a fornirgli gli stimoli necessari al suo temperamento - così egli attraversò un periodo di insoddisfazione, di noia, monotonia e malinconia. Intrattabile, scorbutico più del solito, un bel giorno partì tutto solo per la giungla, speranzoso di trovare nuove eccitazioni e godurie. Camminava spedito lungo il piccolo sentiero tracciato dal tempo, ad un certo punto si arrestò: un ruggito di tigre catturò la sua attenzione.

“Ecco un bocconcino prelibato… chissà se riuscirò a catturarla!”, borbottò fra sé e sé. Lestamente, armato sol di un coltello, cercò un albero capace di fornirgli un’ampia visuale; trovatolo abilmente lo scalò.

Là, in mezzo a una piccola radura, vide seduto un vecchio dalla lunga barba, assorto in profonda meditazione. Perfetto nella sua posizione del loto contemplava mondi sottili a noi ignoti e parlava senza proferir parola a uno spirito senza volto.

Nel cuore del nostro protagonista si figurò una scena spaventosa: “La tigre avventandosi sul vecchio ne avrebbe dilaniato le carni”. Il nostro “eroe” anziché allertare lo sventurato pensò bene di attendere per godersi la gioia perversa del macabro spettacolo.

Gli eventi incalzavano, la tigre con passo felpato si avvicinava quatta quatta fiutando l’odore della carne. Ventre basso, quasi strisciando come serpe, il felino avanzava pronto per il balzo fatale
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